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L’obbligo di mantenimento persiste anche quando il figlio ha superato i 30 anni?

La Corte di Cassazione delinea in modo preciso quali debbano essere le circostanze di fatto da tenere in considerazione ed i principi di diritto da applicare nella scelta del giudice di protrarre l’erogazione dell’assegno di mantenimento anche quando il figlio abbia superato i 30 anni di età ed abbia un lavoro (precario).    (Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 17183/20; depositata il 14 agosto)

Il diritto dovere di mantenere i figli, consiste nell’obbligo di conferire ai figli non soltanto i mezzi di sostentamento ma quanto necessario per conservare un tenore di vita adeguato per godere di una stabile organizzazione domestica e per poter realizzare attraverso gli studi le proprie aspirazioni, raggiungendo l’inserimento nel modo del lavoro.

Tale diritto-dovere non muta passando dalla fase fisiologica della vita famigliare a quella patologica della separazione.

Ma quando cessa tale diritto-dovere?

Nel caso richiamato la Corte dopo aver ricordato che la valutazione delle circostanze che giustificano il permanere dell’obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni, conviventi o no con i genitori o con uno d’essi, deve essere effettuata caso per caso e con "rigore proporzionalmente crescente, in rapporto all’età dei beneficiari, in modo da escludere che tale obbligo assistenziale, sul piano giuridico, possa essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura" ha descritto alcune situazioni che escludono il diritto al mantenimento, soffermandosi in modo particolare sul concetto dell’autonomia del figlio da sempre utilizzato  per sostenere l’estinzione dell’obbligo.

Tuttavia negli ultimi tempi si sta assistendo ad una evoluzione giurisprudenziale sul punto che tiene conto – al fine di responsabilizzare i figli  - non solo della raggiunta autonomia ma anche della situazione soggettiva del figlio, del suo percorso di studi, della sua raggiunta capacità di lavoro, del suo comportamento. 

Sempre di più i Giudici richiamano il principio dell’autoresponsabilità del figlio affermando che vi è un limite all’obbligo del mantenimento ed è quello del raggiungimento della maggiore età, salva la prova (sovente raggiunta agevolmente ed in via indiziaria) che il diritto permanga per l’esistenza di un percorso di studi o, più in generale di un tempo ancora necessario per la ricerca comunque di un lavoro o sistemazione che assicuri l’indipendenza economica.

Con il raggiungimento della maggiore età la legge presume come acquista la cd. capacità lavorativa, intesa come adeguatezza a svolgere un lavoro, in particolare un lavoro remunerato, salva la prova di circostanze che giustificano, al contrario, il permanere di un obbligo di mantenimento.

In mancanza, il figlio maggiorenne non ne ha diritto; ed, anzi, può essere ritenuto egli stesso inadempiente all’obbligo, posto a suo carico dall’art. 315-bis c.c., comma 4, di "contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa".

Da quanto esposto deriva che l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente.

L’obbligo di mantenimento legale cessa con la maggiore età del figlio; in seguito ad essa, l’obbligo sussiste laddove stabilito dal giudice, sulla base delle norme richiamate.


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